Lotta alla povertà
ARGENTINA. Sostegno alle comunità native
Sintesi del progetto
In Argentina siamo vicini alle comunità indigene della cordigliera delle Ande e della foresta del Chaco. Negli anni ci siamo occupati delle principali problematiche della vita di queste popolazioni come l’alimentazione, l’accesso all’acqua potabile, l’assistenza sanitaria e l’educazione, con progetti realizzati in collaborazione con altre realtà locali, private ed istituzionali.
La nostra presenza è costante sul territorio attraverso una struttura permanente e un lavoro di rete tra educatori, accompagnatori e tecnici per aiutare a creare sviluppo e migliorare la qualità della vita delle comunità. E’ indispensabile secondo noi non abbandonare le opere realizzate e dare continuità nel tempo seguendo le famiglie e i bambini, che sono le future generazioni, ogni giorno, in un percorso di crescita che dura anni.
Monitoriamo lo stato di avanzamento delle comunità e ci proponiamo come punti di riferimento nella vita. Ci preoccupiamo di trasmettere conoscenza, ma senza de-strutturare la cultura originaria come già accaduto in passato. Purtroppo ancora oggi, il sistema occidentale continua a sbagliare, intervenendo con forme contro producenti, “…e invece di investire in infrastrutture efficienti, formazione e lavoro, si limita a dare sussidi alle famiglie.”
Dobbiamo stimolare attraverso esempi ed azioni positive il cambiamento e portare quell’energia nuova necessaria per combattere le difficoltà più dure.
Per questa ragione miriamo alla formazione per creare attività produttive come agricoltura e allevamento.
La nostra presenza inoltre è importante anche in alcune tavole di lavoro dove siamo presenti insieme a Fondazioni, Ong e Ministeri con cui sviluppiamo proposte per migliorare lo stato delle cose grazie anche al lavoro di advocacy di cui siamo promotori.
Lo studio delle necessità locali e la valutazione di nuovi interventi è un’attività sempre costante.
Contesto locale
Le popolazioni indigene che abitano l’Argentina sono migliaia, di origine Koya, Guaraní, Wichí, Chorote, Toba per citarne alcune, solo nella provincia di Salta.
Ci troviamo a 2.500 / 4.000 mt sulla cordigliera delle Ande fino alle foresta del Chaco tra Argentina, Bolivia e Paraguay divise tra loro dal grande fiume Pilcomayo.
Queste comunità fanno molta fatica ad adattarsi ad un sistema che non gli appartiene, capitalista, burocratico, dove anche l’ambiente che prima donava ogni cosa, oggi è in gran parte distrutto, vedi la deforestazione per la coltivazione intensiva di soia.
La mancanza di acqua potabile è la prima difficoltà a cui le famiglie cercano di far fronte, la scarsa alimentazione e le difficoltà climatiche mettono a dura prova la vita quotidiana, causando malattie; e anche l’assistenza sanitaria, avvolte di base, in molti luoghi è quasi inesistente. La mortalità infantile è ancora alta e ogni anno si registrano dati allarmanti dove anche l’Onu, l’Unione Europea e la Croce Rossa internazionale stanno facendo visita.
Due luoghi specifici in particolare
La Puna Salteña. E’ una regione che si trova all’interno delle Ande nella provincia di Salta, è considerata un deserto di alta montagna in quanto di giorno si registrano temperature elevate che possono scendere di diversi gradi la notte, con un’escursione termica diurna che arriva anche a 30ºC, è molto ventoso e le precipitazioni sono scarse. La terra è arida e rocciosa e le condizioni climatiche rendono difficoltosa la coltivazione delle terre, l’allevamento del bestiame e il reperimento di acqua potabile; quest’ultimo rappresenta una delle maggiori problematiche che affligge la popolazione. Non c’è sviluppo economico per cui le famiglie realizzano degli oggetti di artigianato che vendono nella strada principale che da Salta capitale attraversa la provincia per arrivare in Cile.
Santa Victoria Este. Si trova all’interno della foresta del Chaco salteño ed è una località di tripla frontiera al confine tra tra Bolivia e Paraguay. Oltre 250 mila ettari di foresta abitati dalle comunità originarie Wichi, Chorote e Toba principalmente. Il Pilcomayo è il grande fiume che inonda nei periodi di piena, crea disastri, costringe all’evacuazione migliaia di persone ogni anno e viene monitorato costantemente. Ma al di là di questo, è anche la principale fonte di alimentazione per la pesca che viene praticata dalle comunità che vivono ai margini. Queste comunità sono “raccoglitori”, vivono di ciò che offre foresta, caccia, allevamento e agricoltura. Le stagioni secche si alternano a quelle umide e le piogge sono rare, concentrate nel periodo estivo, ma molto intense. Il caldo è forte con 45° e la penuria d’acqua, rende molto difficile le condizioni di vita che sono aggravate da una scarsa alimentazione. I bambini soffrono maggiormente questa situazione e i casi di denutrizione e disidratazione sono frequenti, ed è questa una delle cause di principali morte in questi luoghi. Le strutture di assistenza sanitaria, ospedali, centri di salute, sono insufficienti per rispondere alle esigenze del territorio.
Il terreno è argilloso ed è sufficiente poca pioggia per rendere il cammino impercorribile creando l’isolamento delle comunità dai principali servizi, ospedali, scuole, mercati. Sono centinaia le comunità che vivono in questa zona e contano un totale di circa 20.000 persone. Le infrastrutture sono insufficienti, i pochi pozzi dislocati nel territorio non riescono a rifornire tutte le comunità, inoltre il problema della contaminazione delle falde acquifere da arsenico e sale principalmente rende queste acque inadatte al consumo umano. Le comunità quindi sono costrette ad abbeverarsi in delle pozze naturali create dal fiume, ma queste acque sono fortemente contaminate da parassiti che creano gravi problemi di dissenteria e quindi ulteriore disidratazione. La carenza di acqua inoltre è causa principale di ritardi delle funzioni cognitive soprattutto nei primi anni di vita del bambino. Il comune, per fronteggiare le emergenze, ricarica con i propri mezzi, delle cisterne che sono state donate da alcuni programmi governativi per il sostentamento delle minoranze etniche che vivono disperse nel territorio.