Ecco i nostri sei volontari nella località di Pacha inti con carriole, picconi e pale alla mano per contribuire all’avanzamento dei lavori del progetto di approvvigionamento idrico “Mama Cocha”.
Due giorni di intenso lavoro per ripulire l’alveo del corso d’acqua da ramaglie, massi e detriti per fare arrivare l’acqua il più pulita possibile alla cisterna.
Condividiamo l’esperienza di Emanuele La Marca, volontario gruppo Funima Roma.
“Qui state facendo la Storia per queste persone, non ve ne rendete conto.” Ora…può sembrare un’uscita esagerata, solo che a parlare é Ramon, quel tipo di persona che dà l’ impressione di pensarci dieci volte prima di aprire bocca.
A Pacha Inti forse non ci sono i 48° e le folate incandescenti di Santa Victoria Este ma l’estate si avvicina e in cielo non si vede un brandello di nuvola per chilometri, quindi in una pausa dei lavori ci ripariamo all’ombra di un albero dai colpi implacabili del sole che già ha fatto i suoi danni. Io e Luca, uno biondo l’altro rosso, facciamo a gara a chi ha la pelle più pallida.
Il primo giorno dei lavori montiamo in macchina entusiasti come due ragazzini, la protezione 50+ infilata in valigia da mia moglie bellamente dimenticata da entrambi.
Ramon é attrezzato con una maglia a maniche lunghe e un cappello con la falda posteriore lunga a coprire il collo; già questo avrebbe dovuto metterci in allarme invece noncuranti ci presentiamo con maglia decathlon a maniche cortissime e cappello alla pescatora che lascia esposta la pelle del collo. Vi lascio trarre le ovvie conclusioni…é una settimana e più che sono a Roma e ancora sto cambiando pelle come un rettile.
Il lavoro a cui si riferisce Ramon é solo un tassello all’interno del grande progetto “Mama Cocha” che mira a veicolare acqua potabile direttamente alle abitazioni delle famiglie appartenenti alla comunità Coya Pacha Inti, ma ha il privilegio di rappresentare uno snodo, uno spartiacque(bel gioco di parole) non indifferente.
Lì dove c’era una piccola palude di acqua stagnante, a seguito del nostro impegno inizia a sgorgare acqua limpida.
Ora per avere questo risultato qui da noi basta sollevare un rubinetto, ma per trovare le parole giuste per descrivere l’emozione collettiva che ci ha preso in quel momento non mi basterebbe una settimana davanti al pc e la collezione Treccani.
Al nostro arrivo presso il sito le fosse di cemento sono già belle che pronte, cé il primo tank e i pannelli che alimentano una pompa.
Questa spingerà l’acqua lungo un percorso di 10 km fino al secondo tank posto a un altitudine maggiore in modo da sfruttare la forza di gravità per l’ultima parte di distribuzione verso le abitazioni.
Il punto da cui fuoriesce l’acqua dalla terra è però pieno di fango, radici, e la conformazione del terreno costringe l’acqua a stagnare. Quindi prima pulire, cambiare il percorso dell’acqua e depositare ghiaia che provveda alla prima fase di filtrazione, rimuovendo le impurità più grossolane.
Come professa Luca: “ Costringi l’acqua a non stagnare, falla diventare corrente e stai un bel passo avanti per renderla pulita e bevibile.”
I primi volenterosi di noi tolgono scarpe, calzini, fanno il risvolto ai pantaloni e si immergono armati di pale o picconi.
Io adocchio sospettoso il cumulo di ghiaia posto vicino all’ingresso del sito, e il percorso molto accidentato tra lì e la zona dove si inizia a spalare. A Luca faccio: “ Non é che si dovrà avvicinare la ghiaia alla pozza?” Lui esita: “Mah…non credo subito.”
Tempo due minuti e Ramon: “Emanuele per favore vai a prendere la carriola” Il sospetto diventa quasi certezza, considerando poi che nelle mie esperienze di cantieri in gioventù ero quasi sempre addetto alla betoniera e al trasporto di carriole colme di calce lungo percorsi in salita o irti di ostacoli non ho dubbi su chi trasporterà quella ghiaia.
A parte gli scherzi, tutti quanti non vedevamo l’ora di poterci immergere in un bel lavoro manuale, e siamo stati ricompensati con l’impagabile dono di vedere subito il risultato concreto dei nostri sforzi nello scorrere divino di quell’acqua cristallina nel bel mezzo di rocce e cactus.
Questa comunità non ha mai avuto acqua potabile, e anche se Ramon intendeva sicuramente premiarci oltre i nostri meriti il concetto rimane: nella Storia di queste famiglie la realizzazione di questo progetto rappresenta un punto di svolta, una cosa mai vista. Ci sarà un prima e un dopo, completamente diversi.
Mi piacerebbe poter scrivere che è tutto completo, e che in ogni casa arriva l’acqua, ma non è così.
Manca la realizzazione dello scavo del condotto dalla sorgente al tank posto in alto, e da lì la ramificazione finale.
E’ un percorso lungo, di dura terra e roccia; servirà un escavatore e una manovalanza numerosa, e fondi adeguati a procurarli.
Insomma, a buon intenditor poche parole.
Se volete contribuire a cambiare la storia di questa comunità, su questo sito troverete il modo.”
Associazione Partner in loco: Fundacion Los Niños de San Juan
Per maggiori informazioni: Progetto Mama Cocha