“Quando ogni cosa sarà detta e fatta, proveremo ancora dolore dentro di noi? Le cicatrici andranno via con la notte? E come un bambino farebbe, come un bambino sto chiedendo. Tipo: se potessi bussare alla tua porta mi faresti entrare? Ho lasciato alcuni richiami bianchi lì davanti, ne lascerò ancora. Ti dico che sono qui, in attesa di risposta.”
Questo ero io, immerso in pensieri..domande..sensazioni.. l’ultimo giorno tra le Ande argentine. Ho molto, ho moltissimo da dire, anche se a volte fa male; e anche se trovo che i pensieri siano diificili da descrivere a parole, qui e ora, in Italia. Sento la voce della sofferenza, conto i peccati che ho. Il dolore ha una cattiva reazione, una miscela di paura e passione. Mi fa venire voglia di urlare. Lo lascio ogni giorno sul pavimento della camera da letto, quando esco porto un sorriso per sopravvivere in questo luogo. Un mondo come un’ostrica, con una conchiglia velenosa. Un cielo oscurato che rispecchia una terra dove non c’è più nulla di fertile, non c’è più amore.
Le Ande.. I miei occhi si aprono con la pura luce del Sole, che spunta all’orizzonte. Ogni tipo di Amore viene mostrato. Vedo lo colline sotto le nuvole, le stelle come sentieri. Un luogo così gloriosamente connesso. Luce, odori, e suoni! Il tempo si è congelato. Ma Dio, qui è un tale caos..!! Terre ostili, anche qui scorre tanto dolore. Giorno dopo giorno ogni lacrima è così sola. Lascio qualche parola poco lontano da qui, in modo che siano un piccolo promemoria, le ho incise sulla pietra nel caso in cui servano per durare per sempre. Lascio anche, in cerca di un riparo dentro me stesso, il freddo sangue, gli occhi urlanti, l’ingiustizia del territorio verso quelle famiglie, l’innocenza dei bambini. Quegli angeli sono come notti stellate, come ruote panoramiche i loro occhi color arcobaleno, ma come lame di ghiaccio i loro sguardi. Sempre bellissimi. Cuori d’acciaio, ma pulsanti di Vita. Scintille pronte a farti esplodere il cuore. Ombre d’amore mandate da lassù. Li abbraccio, ci gioco, li faccio ridere, gli faccio domande, sono tornato bambino anche io. Ogni risata o ogni semplice sorriso mi da la forza di non smettere più a farli giocare,corriamo, il cuore mi sta scoppiando.. non so se per i 3000 metri o l’emozione. Piango quando devo lasciarli andare.
E’ passata oltre una intera estate da quel viaggio, da quella possibilità, che per me si è concretizzata solo nel momento in cui sono arrivato al gate per il volo Roma-Buenos Aires, trovando tutti gli altri ragazzi in partenza. Io partivo da Torino con tre ore di ritardo, dentro me la paura stava dominando; in volo guardavo il cielo e a Dio chiedevo tempo. Atterrato, in circa 15 minuti dovevo cambiare terminal e rifare anche tutti i controlli. Non penso di aver mai corso così tanto in vita mia, respiro e ossigeno erano qualcosa di astratto. Dio era di fianco a me, mi aveva preso finalmente per mano per portarmi a visitare una sua dimora.
Dedico questo scritto a lui, alla sua immagine e alla sua presenza; dedico tutto questo ai bambini, alla loro purezza e alla loro innocenza. Aiutiamoli, non a farli sopravvivere, ma a dargli possibilità di avere un Futuro. Mi limito a questo perchè i miei fratelli e sorelle di viaggio ho visto che hanno detto non tutto, di più, esprimendo con massimo Amore ciò che è stato nel cuor delle Ande argentine.
Un abbraccio a tutti coloro che dedicheranno impegno a quest’opera,
Fabio Maiella